venerdì 20 giugno 2008

TRAMONTO DI UNA FOLLIA di Valerio Balestrieri

Tra commedia e dramma l'edizione di Gleijeses della farsa di Eduardo De Filippo

Ditegli Sempre di sì
Di Eduardo De Filippo
scene Paolo Calafiore
costumi Gabriella Campagna
musiche Matteo D’Amico
regia Geppy Gleijeses

Durata: 2h
TARGET - Spettatore livello AMATORE dai 25 anni in su

(intervista a cura di Valerio Balestrieri)
DRAMA
Il profilo della pazzia quindi, secondo Eduardo, non come ‘trovata’ ma come vissuto. L’intero intreccio ruota attorno ad un tratto patologico tipico dello schizofrenico, l’incapacità di lettura della metafora. Michele Murri (Geppy Gleijeses) prende tutto alla lettera e, come tradizione vuole, in una sequenza di duetti genera l’intreccio. Michele Murri è un folle, e con la lucidità di folle compie l’azione: propone matrimoni, vede vincite al lotto e mazzi di ‘biglietti da mille’, e annuncia, infine, decessi inesistenti. Di sfondo la media borghesia ben pensante, a cui nascondere la malattia mentale (per rispetto del malato o per vergogna dello stesso?), e l’amara realtà del finale: "Io sono la sorella, devo badare a lui!". Tutto è però ironico, quasi assurdo; i giochi di parole affascinano quasi, spaventano solo quando si affacciano sull’orlo della violenza agita…ma da che mondo è mondo la follia ha sempre fatto ridere, anche se non tutti.

SET – L’interno borghese è lo sfondo. La realtà è fuori, si vede da una grande finestra, ed è sottosopra, capovolta. Anche il sole cala al contrario con un tramonto che per tutto il primo atto segue l’evolversi dell’assurdo: il compiersi della malattia. E’ il tramonto della speranza, per chi ha creduto che un anno di manicomio possa cambiare le cose. Il secondo atto è in un campo di girasoli, già silenti spettatori di altre pazzie.

ACT – Gleijeses è 'Eduardiano' nell’anima, sente il testo di De Filippo e lo rivive senza esagerazioni e forzature. Il tratto somatico folle è una piccola balbuzie su alcune parole, ma in fondo sono proprio le parole il metro di visione del suo mondo. Gennaro Cannavacciuolo è Teresina (la sorella) ‘en travestì’, ma d’altra parte è una delle sua maschere; ciò avvalora l’ipotesi della familiarità della patologia e l’idea che non si diventa folli ‘per caso’.

MOOD – L’adattamento di Gleijeses ruota su tre edizioni del testo, quella televisiva del ’62, la stessa redatta da Eduardo per la ripresa e l’edizione definitiva pubblicata da Mondadori. Una messa in scena rigorosa, pacata e godibile.


(intervista a cura di Valerio Balestrieri)

Una produzione
Teatro Stabile di Calabria

1 commento:

Letizia Lucarelli ha detto...

Ho visto lo spettacolo a Pompei quest'estate: credo fosse un anteprima.
L'interpretazione di Cannavacciuolo spicca su tutti: è veramente un grandissimo attore. Il figlio non ha la stoffa occorrente invece.