venerdì 20 giugno 2008

COSA DEVE FARE NAPOLI PER RIMANERE IN EQUILIBRIO SOPRA UN UOVO

Alla fine del percorso tra le mani stringiamo una piccola matassa, un filo, il nostro filo. “Nell’Africa mediterranea, è Ananke la grande tessitrice, che con i suoi fili tesse le passioni, le vite, le allegrie, i popoli, le città...” Ognuno ha un proprio filo, gli è stato affidato alla nascita, conduce a un destino. Sta a noi scoprire quale. Una città non è solo la pietra dei palazzi, il cemento delle strade, le foglie degli alberi. Una città è fatta da fili, destini che si incrociano, si sfiorano, si lasciano e si ritrovano, percorrono strade comuni formando una costruzione più spettacolare e più intricata di qualsiasi palazzo, chiesa, incrocio di strade. Sul piatto della bilancia il filo invisibile che lega le persone si contrappone alla città di pietra. Il nuovo lavoro di Enrique Vargas è un percorso da vivere attraverso i sensi: quello della vista in parte negato, l’olfatto stimolato da odore di incensi e limone, il tatto di mani rassicuranti e carezze nell’oscurità del cammino. All’orecchio risuonano voci, nomi, pezzi di storie che sentiamo avvicinarsi e poi, improvvisamente, allontanarsi. In uno spazio al di fuori di tutto, vivi, morti e coloro che non sono ancora nati, le loro voci e storie si intrecciano all’orecchio nell’oscurità, per esplodere in quella che sembra una festa di piazza. Ora ci troviamo a ballare l’uno con l’altro sulle note di una musichetta popolare, nel buio illuminato da meduse fosforescenti e lumini, al di là di una intera costruzione intessuta di fili che noi stessi abbiamo contribuito, praticamente, a intrecciare a quelli già presenti. Una struttura in divenire dunque che si smonta e rimonta ad ogni spettacolo, cambia forma attraverso di noi. Condotti infine in un cortile, carta, matita e un lumino acceso lasciamo una raccolta di impressioni, emozioni che questo viaggio ci ha suggerito. Difficile da descrivere con le sole parole.

Eleonora Tedeschi (Lettera 22)

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