mercoledì 18 giugno 2008

LE TROIANE

Non è necessario conoscere Euripide e la storia dell’antica Grecia, non è necessario conoscere francese, portoghese e spagnolo per capire questa tragedia dal volto femminile. Perché la desolazione, i toni, i volti parlano un linguaggio comune a tutti. In una scenografia desolata, brulla, sulla nuda terra è rappresentato il dramma delle donne troiane dopo la sconfitta, in attesa di essere portate via e spartite come schiave dai vincitori.

Le Troiane è il lavoro di esordio della Compagnia Teatrale Europea, guidata dai registi Annalisa Bianco e Virginio Liberti e formata da giovani attori provenienti da cinque paesi diversi. Una compagnia multiculturale e multilingue dunque, che porta sul palcoscenico suoni e voci di lingue diverse, sottotitolate, tradotte in scena ma anche lasciate semplicemente lì, incomprensibili. Perchè tanto anche chi non conosce la lingua capisce il dramma, capisce cosa voglia dire non capirsi. Vincitori e vinti, troiani e greci, due culture diverse, sottolineate dalla diversità linguistica.

Riflettori puntati dunque sui deboli, sui vinti. Riflettori puntati sulle donne troiane. Riflettori puntati sulla violenza, sulla desolazione che la guerra si lascia dietro le spalle. Una violenza di morti, di tombe che spuntano in mezzo a gigli bianchi, una città distrutta, in fiamme. Il destino di Ecuba, Cassandra, Andromaca e Elena è il destino delle vittime di tutte le guerre del mondo. L’attualità della guerra si impone in questo spettacolo. Come non pensare ai massacri quotidiani, ai teatri di guerra di cui anche oggi è pieno mondo? Una tragedia che acquista attualità attraverso le parole della scrittrice Susan Sontag e della giornalista russa Anna Politkovskaja.

Le donne dicevamo. A loro si contrappongono uomini e dèi. Vestiti in moderni abiti estivi dai colori chiari e occhiali da sole, ridono alle loro spalle, scherniscono la loro disperazione, leggono il giornale, pescano, mangiano pizza, chiaccherano e si scambiano sigarette. Il destino delle donne troiane è deciso e le vediamo in attesa in quella che ha tutta l’aria di una sala d’aspetto. Una Ecuba vestita a lutto, alla maniera delle donne meridionali, si dispera insieme alle altre che subiranno la sua stessa sorte, e si sdoppia in tre diverse figure, tre attrici diverse a rappresentare la lacerazione interna. Le nere navi greche arrivano. E’ la fine di Troia.

Eleonora Tedeschi

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