sabato 21 giugno 2008

“The new burlesque”

SPARATE SULLA PIANISTA

di Tommaso Chimenti Bencini

NAPOLI – Il Teatro Sannazzaro ha il retrogusto del Bouffes du Nord parigino di Peter Brook. Usando un po’ d’immaginazione. Ma il clima è da can can, ma meno raffinato in un paragone, infattibile, tra francesi e americani, tra Moulin Rouge e ranch, Quartiere Latino e cow girl. Tutto qui è più greve, pacchiano, scontato, al limite del volgare e del maleducato, border line palleggiando tra kitch e trash. Senza essere moralisti, dopo aver visto Crouch, Vargas e Andò il contraccolpo si sente, pesante e dirompente, come il rinculo di una colt. Ne esce bene Marisa Laurito, infarcita e stretta nel suo tubino nero, in forma da “Indietro tutta”, nel suo ruolo ritagliatosi di traduttrice estemporanea. Kitty, la gattina morta dalla risata isterica, che assomiglia di più, per la verità, alla rana dalla bocca larga del Muppet Show, è un frullatore di versetti vocali, che in teoria dovrebbero eccitare, di paillette e lustrini e luccichini demodè, pervasa in una luce rossa da cabaret soft porno, contorcendosi in urletti, strillini. Nessun pudore, zero vergogna nello svestirsi. Le pance al vento, niente a che vedere con la danza del ventre, in uno streap tise roboante di rintocchi di grancassa che alla fine rimane sempre in pendagli agganciati ai capezzoli da far roteare come il pon pon del fez. Dieci per l’autoironia, comunque. Una versione degli show di Dita von Teese, l’ex moglie del satanico rocchettaro Manson. Il copione è da vamp da avanspettacolo, da cabaret ridanciano (Caterina Sagna accanto a me non ride, per esempio), dove non possono mancare gli ammiccamenti, i doppi sensi (“questa canzone la faccio a cappella”), le mosse sculettanti, gli occhioni di ciglia sbattute alla Marylin, gli occhiolini da femme fatale, i bustini in pelle, le giarrettiere strizzate, i pedissequi boa di struzzo, il vedo-non-vedo, gli inchini a mostrare il “boccone del prete”. “Sex bomb” cantava Tom Jones, ma qui siamo game over ed il “mucho gusto”, più volte evocato, non fa presa. Al limite, preferivamo “Drive In”. Dove sono finite le Lollobrigida, le Loren. Ridateci Mata Hari e Marlene Dietrich. Clonate Salomè e Lucrezia Borgia. Si affollano i personaggi del circo, presentati alla maniera dei pugili sul ring di Las Vegas. Non può mancare la contorsionista, il bel cow boy su cavallino a molle, angelo maledetto che manda in brodo di giuggole la sala, un po’ Brad Pitt in “Thelma e Louise”, un po’ Kurt Cobain, molto Buffalo Bill, toro da monta. Altre attrazioni si susseguono come Julie che prima gioca con un pallone gigante per poi entrarvi dentro, danzando, e muoversi e dimenarsi come un tuorlo in un uovo, come uno spermatozoo all’attacco dell’ovulo. Ma l’eccitazione resta ai minimi storici per una sensualità d’annata, da “Capannina” al Forte dei Marmi, da Rotonda sul mare.

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