sabato 28 giugno 2008

A teatro con F. - La Medée di J.L. Martinelli

Mi telefona F. Dice: “Di notevole questa settimana non mi sembra di aver visto molto, se si toglie una lite tra due zampognari in 600 e un Babbo Natale in altra utilitaria per una questione di paraurti ammaccati”. F. è il solito incontentabile. E’ estate, ma sogna il freddo del Natale. Voglio tirargli su il morale quando lo invito al Napoli Teatro Festival per vedere uno spettacolo, una Medea recitata da attori del Burkina Faso, con la regia di Jean Louis Martinelli. Poi mi è viene in mente che qualche anno fa, parlando di altri allestimenti di Medea, si era lamentato del fatto che tutti si risolvono “in cronache di casi-limite e un tantino deplorevoli”. Un suo modo per dire che la tragedia rischia di diventare una disputa da tinello, da donnette romane d’invenzione, tipo Moravia. Chissà cosa penserà questa volta. Ci sediamo all’aperto, all’Albergo dei Poveri. Un’attrice africana allestisce un fuoco sul palco. F. alza gli occhi al cielo. Romba un aereo. Lo spettacolo inizia. F. sorride quando vede sgambettare i figli di Medea, pronti a essere assassinati dalla madre, ignari del loro destino. E lo vedo fare un salto sulla poltrona quando spunta Creonte, il dittatore in giacca e cravatta e Giasone, il social climber depresso e un po’ parvenu. Medea, intanto, interpretata da Odile Sankara, fa pensare a un animale selvatico, mi piace. Cerco lo sguardo di F., che invece armeggia col suo taccuino. Scrive che questa Medea non è semplicemente “una moglie straniera, una displaced-person abbandonata e colta da un improvviso accesso di follia”. In effetti c’è dell’altro. Nessun tentativo di attualizzare Euripide trasformandolo in un sociologo della famiglia. Ma l’Africa, col suo carico di miti e di terra rossa, dove gli dèi non sono ancora finiti in esilio. F. fa spallucce. Sembra aver sentito i miei pensieri. E sorridendo dice: “Ma chi ha detto che la tragedia è una razza estinta?”.
(F. è Ennio Flaiano. Quello che dice è tratto dalle recensioni che scrisse, sull’Europeo del 1966 e 1967, sulla “Lunga notte di Medea” di Corrado Alvaro e sulla “Medea” di Jean Anouilh).
Rosella Bettinardi

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