venerdì 27 giugno 2008

Tempio/Scempio

Temple

Di Natalie Hennedige, Singapore Arts festival

Sette personaggi in cerca di cant(autore): l’eroina dei manga perfezionista, allenatissima, in guantoni e latex nero, preoccupata solo di vincere sempre e comunque, la sorella saggia, premurosa e adorante ma con l’ossessione del controllo, la sorella Barbie-lunghi-capelli lamentosa e igienista, superfemminile per nascondere un’antiestetica protesi alla gamba, atterrita dalla polvere e dagli uomini, la mogliettina vestita da collegiale giapponese con la stessa divisa bicolore di Mimì Ayuhara, il marito distratto, fedifrago e fondamentalmente grezzo. E infine gli ultimi due, i gemelli diversi in calzamaglia: la fotocopia dell’uomo-tigre dei cartoni animati con un sospensorio da Mai dire Banzai e i capelli sparati, e un ex campione di wrestling peso piuma che si nasconde il viso dietro una maschera da scherma. Il tutto a porte chiuse, un inferno portatile formato videogioco, con i dialoghi presi dalla rubrica delle lettere dei rotocalchi rosa per ragazzine. Sbam, Game Over, You are the ruler, 100mila punti di bonus conquistati. Ma anche: Riuscirò a farmi notare anche se ho i denti storti? Potrò fare qualcosa interessante nella vita se ho a disposizione solo questo misero corpo, un banale taglio di capelli e qualche ordinaria circostanza a disposizione, come tutti? Le domande che affiorano bisogna ignorarle per sopravvivere, la salvezza è l’allenamento costante, la forma perfetta, l’autostima autoindotta, lo spirito di squadra, la fierezza dell’appartenere al piccolo gruppo di quelli che ce l’hanno fatta. Dimenticare è l’antidoto, cancellare ed estromettere tutto ciò che non rientra nel business plan chiavi in mano minimo dolore, massimi risultati. Ma il gruppo dei naufraghi (perché all’esterno il mondo sta per finire, o è già finito), il gruppo dei Lost auto reclusi in un bunker-palestra è sempre sotto assedio: gli elicotteri dal cielo, col loro rumore meccanico, molesto, e le raffiche continue di luce e il vortice dello spostamento d’aria, e da terra squadroni di miss, majorettes e reginette di bellezza con la testa di coccodrillo, con le tagliole della loro superiorità estetica esibita al posto della bocca. E poi ci sono pur sempre “quelli là fuori”, forse zombie, forse mutanti, forse persone normalissime che chiedono solo di essere guardate in faccia per quello che sono e non viste solo come birilli da abbattere, ma di più non è dato sapere. Le donne in sala capiscono, gli uomini (forse) un po’ meno. L’inizio della fine, lo smascheramento della finta solidarietà tra sopravvissuti è rispondersi fischi per fiaschi, non ascoltare facendo finta di essere gentili, tradirsi per noia. Come succede alla coppia lui/lei che litiga cantando come in un musical di Bollywood in versione asiatica: “Se solo pregassi per me”, grida il marito alla moglie-Mimì Ayuhara, “Se solo potessimo trascinarci l’un altro, aiutarci a salire in paradiso insieme”.

Silvia Guidi, lettera22

Nessun commento: