mercoledì 25 giugno 2008

“Viaggio naufragio e nozze di Ferdinando principe di Napoli”

BURATTINI IN CARNE ED OSSA SU UNA SPIAGGIA DI POLVERE DI STELLE.
Se questo e’ un uomo: ecce bombo.

di Tommaso Chimenti Bencini

NAPOLI – Il cortile del Real Albergo dei Poveri pare il monte Ararat dove l’Arca sbattuta ferocemente dalla Tempesta shakespeariana (nel progetto di Carlo Presotto) ha portato a morire la carcassa di questa balena sventrata e spolpata d’assi di legno come costole incrinate da Moby Dick. Una nave che prima si presenta in miniatura, di vele di carta di riso e vimini che veleggia in alto su un filo da equilibrista, prima di disfarsi, ed ingigantirsi, all’ombra del palazzo dei diseredati di impalcature e ombre minacciose, di finestre distrutte e spalancate che sembrano esplose anch’esse per la violenza dell’uragano marino. Sopra, a ricondurre alla realtà, gabbiani, aerei e fuochi d’artifico in lontananza: gli elementi-pennellate che delineano Napoli. Il mare è un vestito-tappeto che si gonfia. Prospero, duca di Milano cacciato dal fratello impostore, animato da quattro attori che si alternano nelle varie faccende, è stato esiliato con la figlia Miranda ignara del proprio rango nobiliare che s’agita con brillantini divini al suo seguito, su un atollo di sabbia dove si muovono figure animalesche come il gobbo-bestia Calibano (effervescente e moderatamente disgustoso e ripugnante), uno Shrek ma meno verde. La nave con a bordo il duca traditore ed il Re spagnolo Alonso naufraga portando in salvo a riva soltanto il figlio Ferdinando che qui troverà l’amore, in una sorta di incontro tra Montecchi e Capuleti, ma più fortunato, e il matrimonio, sopra una scacchiera alla maniera del “Billy Jean” di MJ come se fosse il gioco della campana. L’isola immaginaria è circoscritta dentro un cerchio in questo scenario da Apocalisse all’interno del quale possono penetrare solo gli attori ed i bambini che, appunto, “sono fatti della stessa sostanza dei sogni”. Si rischia di cadere in un piccolo esperimento-remake da “Notre Dame de Paris” ma subito, fortunatamente, dopo tre arie canterine, la piece sale di tono grazie all’entrata in scena dei due carretti-baracchine di burattinai esilaranti (il bambino è sicuro ed abile) che immettono nel testo classico la loro forte impronta d’attualità con inserti di genovese, milanese (il “mi consenta” berlusconiano), e ovviamente napoletano, paragonando la sciagura marinara alle lampedusane carrette del mare canticchiando “Sarà perché ti amo” dei Ricchi e Poveri, disquisendo se quello che stanno facendo sia o meno “teatro sperimentale”. Il “nessun uomo è un’isola” fa rima con il concetto di “condivisione” della recente pellicola di Sean Penn “In to the wild”.

Nessun commento: